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A settembre, il complesso dei 30 mercati europei conferma la crescita di agosto. Nel mese sono state 1,05 milioni le passenger car immatricolate per un progresso del 7,9% su base annua. Un incremento che però deriva dal confronto con il peggior settembre degli ultimi 26 anni. Un incremento che non cambia le previsioni per fine anno, ferme sull’indicazione di un declino prossimo al 5% sul 2021. Il terzo trimestre chiude in perfetta parità, ma è inutile illudersi con un’Europa in cui i prezzi dell’energia e l’inflazione sono i rischi di crescita che preoccupano di più, in questo momento. Criticità cui si aggiungono, nell’ordine, l’instabilità geopolitica e la crescita dei tassi d’interesse. Chiudono questo scenario da letteratura apocalittica la catena degli approvvigionamenti, la mancanza di lavoro e infine il Covid. Una crisi dai mille volti che assicura poche certezze se non la crescita delle spese operative delle aziende, come quelle di gestione familiare. Il cumulato dei primi 9 mesi si ferma a poco più di 8,27 milioni automobili, il 9,7% in meno dell’anno scorso. Quanto ai Gruppi, dando per scontato che tutti siano ormai  riusciti a dare un volto al programma di approvvigionamento di chip e quanto di altro necessario per fronteggiare la domanda, a settembre Volkswagen cresce del 20,4%, mentre Stellantis perde il 2,6%, giù anche Renault -1,5%.
Mercato Europa - Vendite per Gruppi e Marche - Settembre 2022
Mercato Europa - Vendite per Paese - Settembre 2022

 

Il vero virus globale si chiama infodemia

Cambiamo argomento. Intanto nel mondo l’auto elettrica sta facendo il suo corso: è forte, ce la farà. Da noi non resta che la soluzione della vigile attesa.
Parliamo invece dell’idea, molto ceo capitalista, di influenzare il consumatore: un processo con implicazioni antropologiche ancora da scoprire. Così, mentre si fa più consistente la convinzione che la libertà abbia gli stessi sentori di una biblioteca, altrettanto forte è la presa di coscienza che far scorrere immagini su uno schermo sia come trovarsi di fronte a un orizzonte indistinto, un inafferabile flusso di putridume, dove la stereotipizzazione di comportamenti costruiti sull’apparenza diventa linfa vitale per muovere il mondo in modo binario.
Un territorio vasto dove il consumatore è solo materia grezza, così influenzabile e propenso com’è a tracannare qualunque miscela. Quello che più conta riguarda chi produce contenuti e chi è chiamato a valutare portata, frequenza ed efficacia degli annunci. E se con l’adozione dei servizi di streaming, grazie a un’accurata profilazione, tracciare il pubblico diventa sempre di più agevole, parlando di produzione di contenuti, vanno approfonditi due concetti: il clickbait e l’agenda setting. Due modi di fare comunicazione su piani diversi, ma ugualmente basati sulla misinformazione. L’agenda setting è la teoria che ipotizza la possibile influenza dei media sull’audience in base alla scelta di notizie, allo spazio e alla preminenza loro concessa. Alla base della teoria c’è il salience transfer, cioè rendere una notizia saliente rispetto ad altre. L’esempio che tutti conosciamo riguarda le notizie titolate in modo eccessivo.

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