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Con dicembre diventano cinque i mesi in positivo per il mercato continentale e l’ultimo trimestre è tutto in doppia cifra. Nei 30 mercati europei il mese porta 1,1 milioni di nuove auto e una crescita tendenziale del 14,8%. Un confronto non particolarmente incoraggiante, visto che a dicembre dell’anno scorso il mercato si fermò su volumi asfittici, condizionati dalla mancanza di microchip; la stessa carenza i cui effetti negativi si sono protratti per la prima parte del 2022. Un anno il cui bilancio passa in archivio con 11,3 milioni di passenger car e un calo del 4,1%, divenendo così ancora un po’ più scuro del 2021, già definito “il vero anno nero per il mercato dell’auto in Europa”. In prospettiva, una situazione blandamente positiva che va parametrata con il contesto economico, dove la produzione industriale di novembre, secondo Eurostat, è stata più robusta del previsto, ma dove si continua a percepire una prudenza di fondo, portata dalla difficoltà di valutazione dei danni che l’aumento dei tassi d’interesse avrà sull’economia nei prossimi mesi. Inoltre, se nel 2022 la domanda di auto è stata al di sopra dell’offerta, ora sembra che la richiesta si stia indebolendo a causa degli impatti inflazionistici sul tenore economico delle famiglie. Nel 2022 la top 5 per Gruppo vede nell’ordine Volkswagen a -5,7%, Stellantis a -13,7%, Renault -2,9%, Hyundai a +4,2% e BMW a -4,8%.
Mercato Europa - Vendite per Paese - Dicembre 2022
Mercato Europa - Vendite per Gruppi e Marche - Dicembre 2022

Il vero virus globale si chiama infodemia

Cambiamo argomento. Intanto nel mondo l’auto elettrica sta facendo il suo corso: è forte, ce la farà. Da noi non resta che la soluzione della vigile attesa.
Parliamo invece dell’idea, molto ceo capitalista, di influenzare il consumatore: un processo con implicazioni antropologiche ancora da scoprire. Così, mentre si fa più consistente la convinzione che la libertà abbia gli stessi sentori di una biblioteca, altrettanto forte è la presa di coscienza che far scorrere immagini su uno schermo sia come trovarsi di fronte a un orizzonte indistinto, un inafferabile flusso di putridume, dove la stereotipizzazione di comportamenti costruiti sull’apparenza diventa linfa vitale per muovere il mondo in modo binario.
Un territorio vasto dove il consumatore è solo materia grezza, così influenzabile e propenso com’è a tracannare qualunque miscela. Quello che più conta riguarda chi produce contenuti e chi è chiamato a valutare portata, frequenza ed efficacia degli annunci. E se con l’adozione dei servizi di streaming, grazie a un’accurata profilazione, tracciare il pubblico diventa sempre di più agevole, parlando di produzione di contenuti, vanno approfonditi due concetti: il clickbait e l’agenda setting. Due modi di fare comunicazione su piani diversi, ma ugualmente basati sulla misinformazione. L’agenda setting è la teoria che ipotizza la possibile influenza dei media sull’audience in base alla scelta di notizie, allo spazio e alla preminenza loro concessa. Alla base della teoria c’è il salience transfer, cioè rendere una notizia saliente rispetto ad altre. L’esempio che tutti conosciamo riguarda le notizie titolate in modo eccessivo.

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