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Senza incentivi l’automotive si ferma. Dicembre, stimato un calo a due cifre

Semplicemente perfetta l’interpretazione del mercato di novembre da parte dei Concessionari del nostro Panel. Lo scarto di appena 160 unità (-0,12%) fra previsione e immatricolato dichiarato, rappresenta una delle migliori performance previsionali di sempre. Vietato però gioire, perché il risultato delle vendite del mese, 138.405 consegne, registra un pericoloso -8,3% rispetto al novembre dello scorso anno, nonostante il giorno lavorativo in più. Il mancato rinnovo degli incentivi è da additare come principale causa di tale flessione, il cui protrarsi, in mancanza di ulteriori sostegni alla domanda, rischia di indurre molte aziende della filiera a intensificare il ricorso alla cassa integrazione. Eppure sembrerebbe la cosa più logica da fare, visto che, come dichiarato a inizio mese, in un comunicato congiunto emanato da Anfia, Federauto e Unrae, “oltre ad avere un ruolo determinante per la ripartenza del mercato e per il rinnovo del parco circolante in chiave ecologica, gli incentivi hanno anche sortito effetti positivi sulla produzione di autovetture e componenti nel nostro Paese, a beneficio di una filiera industriale per cui il mercato domestico occupa un posto importante accanto ai mercati internazionali”. Inoltre, grazie agli incentivi estivi “sono state rottamate più di 120mila vetture delle categorie fino a Euro4 (…) risparmiando alle nostre città oltre 155mila tonnellate di CO2  su base annua. Ambiente ed economia hanno dimostrato di poter convivere bene se le manovre sono ben fatte”. Andando a fondo nella lettura dei numeri di novembre poi, non si può che auspicare fortemente che gli incentivi vengano riproposti in una qualche forma anche nello svolgersi del prossimo anno (al momento di andare in stampa non è ancora definitivo il testo per la nuova Legge di Bilancio): rimangono in piedi solo i Privati (+12,2%), ma solo grazie all’onda lunga delle immatricolazioni incentivate di ottobre, nel cumulato il segno è negativo, -20,5%. Perdite a doppia cifra per i Noleggi, -19,4% nel mese e -36% negli 11 mesi e a picco le vendite a Società/Business che segnano il -45,2% a novembre a il -44,8% negli 11 mesi. Nelle concessionarie del Panel brusco calo della raccolta ordini, -31,45% su novembre 2019 e -33,79% su ottobre 2020. Praticamente dimezzata, rispetto a ottobre, l’acquisizione dei lead che però mantiene la stessa percentuale di chiusura contratto (6,25%). E i pronostici per dicembre sono da piena recessione: nonostante il giorno lavorativo in più si prevede un mercato di appena 117.000 unità, pari al -16,52% su dicembre 2019, la previsione della raccolta ordini in concessionaria diminuisce a doppia cifra, -25,36%; risale il ricorso alle Km0, pronosticato in misura del 10,7% sul totale immatricolato previsto mentre è bassa, rispetto alle medie registrate quest’anno, la quota percentuale prevista di immatricolazioni di auto ad alimentazione alternativa (27,72%), le quali, lo ricordiamo a uso e consumo del nostro Panel per le prossime previsioni, includono, oltre alle classiche Metano e Gpl, anche le motorizzazioni ibride e le auto elettriche.

A novembre aumentano gli sconti, a livello nazionale, per le Benzina (+0,74 punti) ma soprattutto per le auto ad alimentazione alternativa, con uno scarto rispetto al mese precedente di quasi 2 punti e mezzo. Scendono, invece, di appena due decimali gli sconti relativi alle auto Diesel. Ancora più sfaccettata la situazione nelle aree geografiche, con aumenti di rilievo per le Alternative a Nord (+2,62 punti) e nel Sud/Isole (+4,14) mentre, nella stessa area, troviamo in diminuzione sia Benzina sia Diesel, con -1,50 e -2,86 punti rispettivamente. Tutto il resto si risolve entro i due punti percentuali.

 

Il Diesel, nel continuo altalenarsi dei suoi risultati, cede terreno, a livello nazionale, sia per quanto riguarda le consegne, con -2,02 punti rispetto al mese precedente, sia per gli ordini, con -1,04 punti. Si registra un’analoga diminuzione al Nord, dove si perdono 2,31 e 2,02 punti rispettivamente. Il Sud/Isole accusa una pesante flessione con diminuzioni di 8,01 punti di consegne e ben 12,14 punti di ordini. Unico spiraglio al Centro Italia, dove gli ordini aumentano di 6,02 punti.


Viva l’escalation tecnologica

Con il preciso intento di capirci qualcosa, partiamo guardando ai cambiamenti della nostra epoca.
Una miscela di elementi messi in amalgama con modalità e tempi diversi, una serie di variazioni, di metamorfosi, perfino di mutazioni. Sembra come se il vero protagonista sia il cambiamento stesso, quello continuo, quello di Aristotele dove il movimento è eterno, come il tempo. Un concetto che ha aspettato 2.250 anni per essere sintetizzato in una formula matematica.
Non esistono più posizioni fisse, o meglio lungamente stabili. Ce ne rendiamo conto durante le elezioni politiche, per via di quei pochi che ancora vanno a votare. Elettorati camaleontici, instancabili migratori del seggio. Surfisti dell’onda parlamentare. Si assiste a una costante instabilità qualificata dal disorientamento.
Un atteggiamento derivato da processi che non è stato possibile governare, un modo di esistere generato dagli effetti avversi della globalizzazione.
Scavando tra le macerie del concetto originale di globalizzazione si trovano pochi resti di prospettive edificanti, di principi aggreganti, di elementi capaci di generare ricchezza, facendo crescere chi ha di meno, senza svantaggiare chi ha di più. Bei propositi, ma quanto è successo e quanto sta succedendo ci dice che non è andata così. La globalizzazione non è un gioco a informazione perfetta. Non vince chi è più bravo. C’è il lancio dei dadi, un processo prevalentemente stocastico, modellizzato nello studio dell’incertezza. E questa volta i perdenti sono gli occidentali. Gli stessi che hanno fatto crescere il resto del mondo penalizzando la propria componente, quella più avanzata. Una bella lezione che ha creato il disorientamento sociale e culturale, soprattutto perché la globalizzazione è stata promossa come la genesi di una cultura uniforme di massa. La stessa uniformità che la Cina conosce molto bene e che ha imparato a evitare con disinvoltura anglosassone dal diversamente recente 1978, quando Deng Xiaoping propose l’idea Boluan Fanzheng, letteralmente “eliminare il caos e tornare alla normalità”. Cioè l’uniformità del comunismo definita come il caos, quello che appiattisce; perché la crescita viene dalle differenze, viene dalla concorrenza, perché la normalità abita solamente nel libero mercato.

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